Diritto alla salute in Italia

La Commissione Europea ha pubblicato l’ultimo rapporto sulla situazione della salute e dei sistemi sanitari nei diversi paesi europei Health at a glance 2020. Il quadro generale tracciato dal rapporto conferma quello che ormai sappiamo da tempo: in Italia il diritto alla salute retrocede sotto i colpi delle politiche di austerità che si sono abbattute nel corso degli anni sul SSN, che stanno rendendo l’accesso alle cure sempre più una questione di classe. La privatizzazione del costo della salute avanza a tutta velocità: in Italia solo 74% delle spese legate alla salute sono finanziate con fondi pubblici e quindi socializzate, mentre ben 24% di queste spese ricadono sulle spalle deg* utent* e 2% sono pagate da assicurazioni private. Il finanziamento pubblico della salute è più importante nell’ambito ospedaliero, dove 96% delle spese sono prese in carico dal SSN, mentre sul territorio il tasso di socializzazione delle spese sanitarie si riduce al 59% (la media europea è 74%). Solo 63% della spesa per i farmaci è a carico del SSN – come sanno bene le persone trans in TOS – mentre in altri paesi europei come la Germania è socializzato l’82% della spesa farmaceutica. Questa privatizzazione crescente delle spese legate alla salute fa sì che il peso di queste ultime nei consumi delle persone e delle s/famiglie sia oggi più forte in Italia (3.4%) che in altri paesi come ad esempio la Francia 2% della Francia. Inoltre le spese dette “catastrofiche” per la salute riguardano più s/famiglie in Italia che in media gli altri paesi europei (8% in italia contro 6.6 nell’UE a 20) e toccano in modo nettamente più sensibile l* più pover*, popolazione in cui le persone trans sono suvrarappresentate (33% secondo uno studio della Fundamental Rights Agency dell’UE). Oltre ai problemi di finanziamento le politiche di austerità e di precarizzazione del lavoro anche nel campo della sanità hanno prodotto la carenza di professionist* della salute – in particolare infermier* (5.7 per 1000 abitanti contro 8.2 in media in UE) – che oggi affligge il sistema sanitario italiano. Questo significa modalità di lavoro usuranti per l* professionist* e difficoltà di accesso ai servizi e tempi di attesa inaccettabili per l* utenti. Naturalmente anche il numero di posti letto in ospedale è particolarmente basso: 3.1 per 1000 abitanti (con una netta diminuzione tra 2000 e 2018) contro una media di 5 nell’Europa a 27 (ma in Germania i letti sono 8 per 1000 abitanti). Anche su questo fronte le persona trans sanno fin troppo bene cosa significano carenza di professionisti, servizi insufficienti, diseguaglianze territoriali e tempi di attesa impossibili: la salute trans e in particolare per quanto riguarda i trattamenti di affermazione di genere è da tempo toccata da questi problemi.
La lotta per la salute trans non può prescindere dalla lotta per il diritto alla salute per tutt*, per la socializzazione delle spese sanitarie, per un sistema sanitario pubblico e accessibile sotto ogni punto di vista, che sia un supporto al benessere e all’autodeterminazione delle persone. Perché non c’è giustizia di genere senza giustizia sociale e senza salute per tutt*.