Il punto di vista del DEpath sulle recenti delibere dell’Agenzia italiana del farmaco

In un paese come l’Italia in cui la patologizzazione delle esperienze e soggettività trans non ha aperto la strada alla piena gratuità dei trattamenti e procedure di affermazione di genere (https://www.queermagazine.it/…/la-questione…/…) – con buona pace di chi ci ha creduto e sperato – i movimenti trans rivendicano da lungo tempo l’accesso a trattamenti ormonali di qualità e a carico del sistema sanitario nazionale (SSN). In effetti, la maggior parte dei farmaci utilizzati « off label » nei percorsi di affermazione di genere delle persone trans, con qualche eccezione come il Tostrex, sono entrati in fascia C da tempo o recentemente – ossia non rimborsati dal SSN – per le indicazioni per le quali sono generalmente prescritti (trattamento dei sintomi associati alla post-menopausa, trattamento dei sintomi associati alla carenza di testosterone/ipogonadismo). Questo non ha impedito che, fino ad oggi, alcune persone trans ottenessero l’accesso a trattamenti ormonali a carico del SSN grazie al sostegno di alcuni sanitari – che hanno saputo fare buon uso delle normative vigenti sulla prescrizione dei farmaci off label – o grazie al fatto di risiedere in regioni che hanno reso i trattamenti ormonali gratuiti per delibera, almeno per coloro che seguono un certo iter.
Nelle ultime due settimane si è parlato molto di due recenti delibere (https://www.gazzettaufficiale.it/…/carica…/originario…) che hanno inserito la maggior parte dei farmaci utilizzati nei percorsi di affermazione di genere delle persone trans nella lista dei medicinali erogabili a carico del SSN, per un’indicazione differente da quella autorizzata in base alla legge 648/96 (https://www.aifa.gov.it/fr/legge-648-96). La notizia ha inizialmente destato grande entusiasmo, poiché interpretata come un’opportunità per le persone trans di accedere a terapie ormonali gratuite e garantite sull’intero territorio nazionale. Tuttavia, come già altr* hanno fatto notare (https://sonolunicamia.com/…/ormoni-gratuiti-non…/), ci sono diversi aspetti potenzialmente problematici legati a queste nuove disposizioni, i cui effetti saranno chiari solo nei giorni a venire, attraverso la sperimentazione – come sempre accade – da parte delle persone direttamente coinvolte. Le delibere stabiliscono che l’erogazione a carico del SSN (attraverso “il servizio farmaceutico delle strutture prescrittrici, ove possibile, oppure del servizio farmaceutico dell’azienda sanitaria locale di residenza del paziente”) sia possibile “previa diagnosi di disforia di genere/incongruenza di genere, formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata”. Si tratta quindi di una clausola che istituzionalizza e rinforza il modello di gatekeeping che da sempre contestiamo: un modello che non solo patologizza e infantilizza le esperienze e le identità trans (vedi il riferimento all’obbligo di diagnosi) – considerate incapaci di decidere sul proprio corpo – ma che in più rappresenta una vera e propria barriera nell’accesso ai servizi per tutt*, e soprattutto per le persone più marginalizzate e che subiscono forme intersezionali di oppressione (persone trans razzializzate, senza documenti, sex workers…).
Temiamo che l’istituzionalizzazione di questo modello promosso dalle delibere summenzionate sia un passo indietro rispetto all’affermazione del modello del consenso informato di accesso ai trattamenti di affermazione di genere, promosso e ideato dalle stesse persone trans per superare il modello medico cisnormativo del gatekeeping.
Siamo convint* che le persone trans debbano poter accedere a trattamenti ormonali a carico del servizio sanitario nazionale presso tutti i servizi di salute primaria e attraverso gli operatori sanitari – in particolare i medici di base – presenti sul territorio, senza l’obbligo di diagnosi né di passare da un “centro specialistico”: il modo di erogazione dei farmaci a carico del SSN deve essere compatibile con questo obiettivo, pena la riproduzione di un modello patologizzante e inegualitario di medicina trans. Crediamo che si tratti dell’unica soluzione per facilitare un reale accesso al benessere e alla salute senza costi materiali e psicologici ingiusti e inutili per le persone trans che desiderano/hanno bisogno di intraprendere un percorso medico di affermazione di genere. Inoltre, ci preoccupano i possibili ulteriori effetti collaterali che queste delibere potrebbero creare. Cosa ne sarà, ad esempio, di tutte le persone che non sono seguite da un “centro specialistico”? Ad oggi, infatti, sono molte le persone trans in Italia che non rientrano all’interno del protocollo previsto dai centri specializzati, spesso a causa della paura di essere schiacciat* all’interno di una narrazione diversa dalla propria. I modelli medici dominanti impediscono, ad esempio, un pieno riconoscimento dell’esperienza delle persone trans non binarie, imponendo dei criteri rigidi legati alla diagnosi di disforia di genere (e al conseguente desiderio di appartenere al genere considerato opposto), al fine di poter accedere all’iter medico-legale di affermazione di genere. Teniamo a ricordare che per i medici che operano al di fuori di un’equipe pluridisciplinare dovrebbe essere possibile secondo le norme vigenti continuare a prescrivere ormoni off label (anche se a carico dell* utente) e che i percorsi di accesso ai famaci off label sono molteplici (https://www.aifa.gov.it/fr/accesso-precoce-uso-off-label). Infine, ci interroghiamo su quali saranno le conseguenze per le persone che sono seguite da medici che non fanno parte di “equipe multidisciplinari” e che hanno già accesso a farmaci erogati dal SSN.
Ci auguriamo che le voci critiche emerse dalle reti trans a seguito dell’approvazione di queste delibere siano ascoltate ed accolte, per strutturare anche in Italia un modello di accesso ai percorsi ormonali più aperto e non patologizzante che abbia un impatto positivo, non discriminante e non gerarchico sulle vite delle persone trans e non binarie. Auspichiamo un cambiamento di paradigma nell’accesso alla salute trans, basato sul modello del consenso informato.